VIVIANA PECORA
Ho iniziato i miei studi all’Accademia di Mendrisio, dove ho conseguito la laurea in architettura: un’esperienza pazzesca, perché in Accademia non conosci la Svizzera, assaggi il mondo intero.
Durante gli studi ho iniziato il mio primo stage da Mario Botta, che non ha bisogno di presentazioni, ma grazie a lui ho iniziato a costruire i miei principi. Alcuni li porto ancora con me. Qui ho imparato che esistono piccoli compromessi da accettare, altri assolutamente no: ho creato la mia idea di architettura, imparando a dire di no.
L’esperienza alla Supsi, prima come assistente e poi in sostituzione di un docente, è stata una delle più importanti per me: oltre ad essere il naturale proseguimento della mia carriera da studentessa, devo ammettere di essermi proprio divertita allo stato puro. Oltre al confronto con gli studenti e allo scambio di valori che possono nascere in un contesto ricco di spunti come questo, per me è stata una tappa fondamentale per conoscere il tessuto locale.
Alla corte degli architetti ticinesi, lo Studio Truempy e Bianchini, ho appreso tutto quello che una giovane professionista può imparare durante la sua formazione: ho respirato arte, storia, architettura.
Tutta l’aria necessaria per dare libero sfogo all’immaginazione di un architetto, ma soprattutto, ho imparato ad essere una donna in mezzo agli uomini.
La mia prima volta in cantiere è stata emblematica: avevo venticinque anni e mi sono accorta che in una ristrutturazione un muro non era stato eseguito secondo i disegni. Dovevo farlo notare all’operaio. Ho scelto di dirlo con molta gentilezza, ma senza successo. Così ho preso un mazzotto e ho spaccato il muro.
Hanno ascoltato quello che avevo da dire.
Nel 2019 nasce Viviana Pecora, per la seconda volta: ho fondato il mio studio.
Cos’è cambiato?
Ho abbandonato l’incoscienza, seppur produttiva, ho posato la valigia, senza smettere di prendere la vita di petto e sono diventata mamma di Olivia e Viola, insieme a mio marito Andrea che è al mio fianco da 19 anni. Questa sfaccettatura, tra le mille che mi appartengono, è quella che mi rappresenta di più.
È la Viviana di tutti i giorni.